mercoledì 21 aprile 2010

6 ANNI DOPO

Era un lontano Settembre 2004. Io, Pamela, Lele e Silvia sbarcammo in quel di Lampedusa. Ad accoglierci il mitico Enzo. Ricordo che tra le prime cose che ci chiese, ci fu la richiesta di togliersi l'orologio; in un isola, sopratutto se in vacanza, non serve la conoscenza del tempo.
Si mangia qunado si ha fame, ci si alza quando si è riposati, si dorme quando si è stanchi, si nuota quando se ne ha voglia. Era un monito a vivere secondo bisogno e desideri, e non secondo doveri o ritmi preimposti.
Era inno alla libertà.
Da allora, non ho più rimesso l'orologio, me ne sono quasi scordato. E sinceramente, non ne ho mai sentito la mancanza.
Però oggi, non so il perchè, ma è scattato qualcosa in me, che mi ha fato desiderare di rimetterlo. Desidero risentire il peso del tempo addosso al mio corpo. Ho ri-indossato un orologio, l'orologio meccanico e automatico regalo di mamma e papà.
Il tempo che desidero sentiere, è però un tempo astratto, un tempo morale, un tempo sentimentale.
Il tempo del sogno e del desiderio, che è pur sempre libertà.



"L'orologio meccanico non è né un orologio tellurico, né un orologio cosmico. È una terza cosa, una creazione dell'intelletto che non indica né il tempo astronomico né il tempo terreno. Quello che ci viene dispensato è tempo astratto, tempo intellettuale. Non è un tempo che ci venga offerto in dono, come la luce del sole o gli elementi naturali, ma un tempo che l'uomo elargisce a sé stesso e di cui dispone. Ciò comporta una perdita ma anche un guadagno. E, insieme, suscita nell'uomo il suo dubbio più radicale, se cioè egli dimori in una prigione o in un palazzo."
E. Junger

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