mercoledì 29 febbraio 2012

ARANCE

Inizia ad esser difficile spremere le arance. L'avete notato ?
La fine dell'inverno, ormai di una settimana fa, annunciata dal canto della tortora, e il non inizio di primavera, suggerito piano dal soffio di vento gelido di ieri, sembrano aver stabilito un momento chiaro di stasi e di passaggio. Dobbiamo cambiare abitudini, le arance dobbiamo mangiarle, se le spremiamo rimane troppa polpa buona sprecata sullo stampo dello spremiagrumi.
Le arance sono i nostri sogni, i nostri desideri. Abbiamo speso un inverno a spremerle, a spremerli, a berne il succo prima acidulo e poi dolce e rassicurante. Abbiamo comperato cassette di sogni dal venditore ambulante a bordo strada. Abbiamo bevuto centinaia di desideri arancioni sperando sempre nella punta di rosso, cercando il maturo, il perfetto e attuabile. Abbiamo aperto con le dita, strappato con foga quei sacchetti di rete, contenitori di speranza venduta a chilogrammo, cercando spesso l'introvabile.
Oggi è il ventinove febbraio, nei suoi primi minuti, non è un giorno qualunque. Fermiamoci un attimo, capiamo se vale ancora la pena spremerle queste arance, o se è preferibile ed astuto mangiarle, sentirne tutto il sapore, buccia compresa. Possiamo grattuggiarla in una tisana, trascinarla con veemenza sulla nostra pelle odorante di smog, lasciarla sulla ghisa della stufa ancora rovente. Mangiamo le ultime arance, divoriamo i nostri desideri rimasti, ingoiamo i sogni perduti, prima che arrivi Primavera.
Lei è leggera, veloce, illusoria, porta con sè calore e frutti nuovi, spinge al peccato, alla gioia, primavera soffia la brezza della felicità che divora noi e gli ultimi colori dell'inverno. Primavera marcisce le arance, dimentica i sogni, deride i desideri.
Le arance sono finite, e primavera soqquadra l'inverno.

mercoledì 22 febbraio 2012

MERCOLEDi'

Le lacrime non macchiano i vestiti. La terra si.
Quella goccia di vita che cade sulla camicia o sul maglione di lana lascia appena un alone, invisibile a volte anche al più attento sguardo di madre.
Il fango marrone si vede a decine di metri; la nonna ti sgrida con lo sguardo buono, la maestra severa ti gela senza urlare, la moglie indica con l'indice la strada per il rubinetto del lavatoio, la madre pulisce ed inveisce, a suo modo.
Esistono anche lacrime di grappa e terre di merda. Cambiano i contenuti, con il medesimo risultato, ma la storia è altra. Ciò che non è altro è ciò che il mondo nota. Il  mondo nota il marrone e crede sia sporco; il mondo non nota l'alone e crede sia pulito. Capite l'abisso ? Capite l'assurdo ?
Un giorno vi racconterò una storia; chi non ha già capito capirà, chi ha già capito gioirà del sogno che essa porterà con sè.
Bisognerebbe sporcarsi la blusa con fango diafano, e piangere lacrime di terra.
Sarebbe tutt'altra storia, quest' esistenza.


sabato 18 febbraio 2012

CINEforMA BALENA

Signore e Signori
Ladies and Gentleman
Madames et Monsieurs

è con grande gioia che vi annuncio

E' INIZIATO !
 il breve ma intenso programma
CINEforMA BALENA 2012

serata inaugurale 
Venerdì 17 Febbraio
( ok è già passata è non eravate invitati, problemi? )

ospiti : rigorosamente top secret
(cmq si, avevano il buono invito) 

prima proiezione \ Incipit
APPUNTAMENTO A BELLEVILLE
di Sylvain Chomet (Titolo originale Les Triplettes de Belleville) 2003


Tenetevi pronti,
parlo con voi finti tonti
il Balena progetta,
la magia che vi spetta.




mercoledì 15 febbraio 2012

NUN TE REGGAE PIU'

"Abbasso e alè
Abbasso e alè.."

Falsità Ipocrisia Società fondata sulla schiavitù del lavoro Windows xp Uova codice 3 Vino sul cartone Ramanzina di madre Comandi di padre Preti che impediscono canzoni Pallina di squash a 1 puntino Merkel LaCrisi Prezzo della benzina Gelo che mi rovini l'orto Cronoprogramma Monti faccia buona servo dei banchieri Zucchino chimico che non prendi mai ferie dai banchi dei supermercati Marineria italiana Restituzione di prestiti Gigi d'alessio Facoltà di architettura Santoro che ripeti sempre le stesse cos noiose Corsie dei supermarket pieni zeppi di nomi e colori Ansia da corsie dei supermercati Nonstudio Nonspazio Nonfaccio una sega oltre alla quotidianità Wireless che bombardi il mio fragile cervello Amico che non mi restituisci il libro che ti ho prestato Legna bagnata Geometri Penna usb introvabile Mani troppo pulite Facebook Chiesa che non paghi l'Ici Inverno lunghissimo e senza neve sciabile Programma che sfumi Bolletta del gas Cento matrimoni Tristezza il sabato mattina Aperitivo a 3,50 € Vespirit che non trovi percorsi Attesa da sanremo Sonno perenne Partita IVA Italietta Mancanza di autosufficienza territoriale Letture a rilento Ferie troppocorte Borse della spesa che rimanete sempre maledettamente dimenticate in fondo al cassetto Canone rai Comune di vicenza che chiudi tutti i locali Soglia dei decibel Cavolfiore Obiettivi sfumati Schei schei schei Assenza di poesia Non accorgersi della bellezza Serramenti in PVC Burocrazia Mancanza di tempo Necessità a tutti i costi Anni che volano Dimenticare Ingrassare litigare Odiare NUN TE REGGAE PIU'

".. ci giurerei
sei meglio tu
che bella sei
NUNTEREGGAEPIU'"

martedì 7 febbraio 2012

UN TRENO

Alle 8.35 il treno per Venezia ancora non è arrivato. 5 minuti di ritardo tuona il cartello elettronico. 5 minuti per quel treno e 5 giorni per Namazio. Il ritardo non è una cosa piacevole, ma basta saperlo prendere. Namazio porta con sè un grosso libro senza copertina, conosce qualche dinamica riguardo i tempi della vita, è previdente, e sa che immergersi in una lunga lettura aiuta a dimenticare qualsiasi ansia da ritardo. Il ragazzo in piedi a fianco lui batte a ritmo il piede sinistro, forse aiutato dalla musica che ascolta in silenzio nelle cuffiette del suo mp3, forse per aiutarsi a combattere il freddo gelido di questa mattina invernale. Poco distante una signora che indossa una grossa pelliccia anni '80 borbotta contro un ragazzo di colore che le chiede una moneta per un caffè. Tenendo lo sguardo sotto il limite prospettico del binario Namazio non scorge che scarpe grosse e valige di studenti; anche un paio di superga scure sopra calze leggere, ma l'imposto limite visivo gli nega la conoscenza del volto.
Alle 8.41, puntuale sul ritardo previsto, si apre la porta della carrozza 4, esce un puzzo di chiuso leggermente velato d'urina. Lenta, una processione di ventenni mischiati a qualche signore benpensante e a qualche cravatta di troppo scende quel paio di gradini consunti. Piedi che scendono, piedi che salgono. Namazio trova posto sul secondo gruppo di sedili sulla destra, sguardo a rincorrere la meta, schiena al mattino lasciato, ad un bacio veloce, al gelo dello schienale di graniglia su una panchina d'attesa.
Alle 8.42 una giovane studente dai capelli troppo voluminosi chiede gentilmente un aiuto per alzare il suo bagaglio non leggero sul trasportino, un signore africano borbotta nel sonno dal sedile di fianco e un ferroviere corre ansioso avanti e indietro nel corridoio. Si sporge poco più avanti una coppia di turisti giapponesi, sorridono e sembrano chiaccherare animatamente stupiti. Sembrano, chiacchere, perchè Namazio non sente, vede soltanto, immerso com'è in quelle musiche senza parole che riempiranno tutta la sua mattina di viaggio, ad altissimo volume.
Alle 8.45, più o meno, un raggio di luce trova la via perfetta per abbagliare indirettamente gli occhi dell'assorto viaggiatore, che chino col naso immerso nella sua sciarpa bollente, alza lo sguardo quasi irretito, e s'accorge del mondo, che, bianco, abita il paesaggio veloce fuori dal finestrino.
Bianca luce, bianco mondo, scorre la fuori, alla vista di chi solo segue con movimenti ripetitivi del capo l'andare del treno.
Muta luce, muto mondo, e un treno.