martedì 29 marzo 2011

CONGRATULAZIONI BRO.

Iuav. 28/03/2011. Davide Cappellari è Dottore in Scienze dell'Architettura.
Congralutazioni Architetto J.
Complimenti Bro.


(da notare: il retropasso prima di stringere la mano a Maggi, segno di scherno; la chiusura della presidente di commissione con '..abbiam capito di chi erano i fans..'. Onorhatters)

lunedì 28 marzo 2011

QUELLO CHE NON HO

Quello che non ho è una camicia bianca
quello che non ho è aria che rinfranca
quello che non ho è la tua tenacia
che una volta stanca la tua donna bacia
Quello che non ho è la sua convinzione
quello che non ho una tenera passione
quello che non ho non si presenta a sera
portando marmellata per un torta intera
Quello che non ho è l'altrui coraggio
quello che non ho è quello che sa il saggio
quello che non è la conclusione
di tutte le parole o dei progetti assieme
Quello che non ho è un accendino pieno
quello che non ho un cuor fatto di fieno
quello che non ho è un poco di riposo
per un cervello stanco per un pensier che sposo
Quello che non ho è la sua sfortuna
quello che non ho è la mia fortuna
quello che non ho un poca di chiarezza
un fatto che rivela una mano che accarezza
Quello che non ho è un bimbo tutto mio
quello che non ho è un buco dentro al buio
quello che non ho è ciò che ormai non spero
e ora ascolto solo, il silenzio, del mio pero.

lunedì 21 marzo 2011

BUONGIORNO, PRIMAVERA


Stamattina alcuni piccoli eventi hanno dato il buongiorno alla Primavera.
Alle sei e trenta circa, dalla persiana della camera, che volutamente non avevo chiuso del tutto, verso le sei e trenta inizia ad entrare una luce rossoarancio bellissima, intensa e finalmente calda, diversa dalle precedenti invernali.
Alle sette e quindici, la radiosveglia della sala trasmette una canzone dolcissima, una voce di donna, che forse non saprò riconoscere.
Alle otto meno un quarto, il legno sotto i miei piedi mi è parso più caldo, forse un'illusione, ma la sensazione era di accoglienza.
Dopo una decina di minuti, le mie piante e i pochi fiori erano sul davanzale, già dissetati, e così, al primo sole, mi sembravano felici. Io sarò strano, ma loro erano felici.
Alle otto e quindici, sgabello in terrazzo ad est, caffè bollente sulla mia tazza, sole in faccia che già scaldava, e la tortora che mi cantava il suo spensierato 'cu cu uu'. Buongiorno, Primavera, buonafortuna.
E un buongiorno non è un benvenuto, sia chiaro. Lei, sapeva di essere ardentemente desiderata, ed era comparsa in anticipo. Forse ieri al primo aperitivo in vespa, o poco prima mentre a braccia nude pulivo, aravo e ingrassavo il futuro orto; o ancora sabato, che sono uscito di sera senza cappotto e non provavo freddo; forse invece in quel tuono del pomeriggio, nella pioggia calda di venerdì, o nel tulipano sbocciato giovedì sera. No, a pensarci bene, ci ha anticipato ancor di più. Il benvenuto alla primavera l'aveva dato giovedì dopo pranzo Giulia, quando coperta di terra e con lo sguardo perso nella luce, era uscita finalmente dal suo letargo.
Ordunque, si, è e c'è Primavera.

venerdì 18 marzo 2011

ITALIA

Italia è il nome che 150 anni fa qualcuno ha dato ad un vestito.
Un vestito che ricopre un territorio diverso in ogni suo angolo e che spesso muta all'imbocco di un curva, che nasconde parole diverse ovunque si trovi una piazza una panchina e due anziani, che protegge uno stomaco il quale si nutre con una ricchezza e varietà che sinora non ho più conosciuto durante i miei viaggi, che riscalda cuori fragili e poetici e lascia scoperti muscoli fatti di idee sudore e progresso. Un vestito che il tempo, e le persone, e la storia -che non conosco, e i fatti, e i sogni, hanno cucito con impegno, determinazione tenacia speranza e sorriso.
Un vestito fatto di materiali molteplici, tecniche di cucito differenti, tessuti nobili e poveri che s'affiancano, dettagli curati e superfici stracce e dilaniate.
Un vestito che a guardarlo da vicino ci scopri mille altri vestiti, e forse t'indigni per la noncuranza di alcuni dettagli, e ancora esulti per la bellezza di superfici ed intrecci perduti; ma ad osservarlo da lontano, nella sua pienezza e dimensione completa, ti sale la pelle d'oca sulla schiena, per lo splendore, di quell'immensità costruita sulle differenze, omogeneamente, illuminata dal sole caldo del mediterraneo e alleggerita dal vento che ne alza la sottana con cotanta leggerezza e beltà.
Un vestito che protegge maggiormente le spalle, ed il capo, a nord, vicino le montagne, ove a volte la pioggia e la neve minerebbero la tenacia e la forza della mente; un vestito che si allarga e si fa leggero ed azzuro man mano che il tessuto scende alle gambe, lasciandole libere, anche ingenue a volte, di danzare e ballare con quei piedi tanto fragili quanto graziosi e preziosi. E quel corpetto che cinge lo stomaco, magro, forte, al lavoro, centrale e indispensabile, su cui non è concesso l'arrivo dello spensierato vento, ma neanche la beltà faticosa della neve d'ottobre.
Se solo sapessimo, noi, uomini e donne che abitiamo la pelle protetta da questo complesso vestito, volare. Se sapessimo uscire da una manica, passare attraverso un bottone, fuggire dalla sottana o evaporare tra le fibre del corpetto,e volare, più in alto, e guardare. E vederne la beltà, di quest'opera unica, cucita ad arte, ricamata ove conta, a volte straccia e smunta, ma bella. Bella.
Volando, dall'alto, sorridere della trasparenza che ci fa intravedere una vecchia signora, sola che blatera in un bacaro veneziano bevendo una fidata ombra; e un pastore sardo che legge Seneca finchè le sue pecore brucano nella macchia; e il politco fallito romano che si commuove senza che la moglie lo veda quando il sole sorge su castel sant'angelo; e due pescatori di gallipoli che si asciugano al sole pomeridano di marzo, protetti da un berretto che forse non serve più, e puzzano di salso; e quel cameriere di castellamare, che fuma stanco ed ansioso, tra le immondizie, ammirando il vesuvio che si fa rosso di primo mattino; e due asini, lenti e pazienti, in viaggio sull'appia antica che vicino Bagno Vignoni disegna sinuoistà belle quasi come i fianchi di Donna Maria; ed Enzo, a Lampedusa, che appende un'altro sacchetto di brioches appena sfornate sul filo da stendere per i primi ospiti estivi del suo dammuso; o ancora Carlo, in quel grigio e chiassoso bar genovese a Sottoripa, che alza la serranda ogni mattina cantando a squarciagola Crueza de Mà, sua gioia infinita; e come non vedere il piccolo Alessandro, nascosto sotto quelle cuciture sfuggite, e la sua Ruspa giocattolo, di un giallo che anche da quassù quasi leva gli occhi, a parlar da solo e giocar con quelle poche macerie rimaste, nella piazza dell'Aquilia, deserta, ma riempita dal suo sorriso di bimbo, speranza di unItalia che ha ancora parecchio da raccontare.
Italia per me non è solo il vestito che goffamente ho cercato di descrivervi. Italia è anche chi riesce a volarci sopra, a questo vestito, e vederlo nella sua interezza, e capirlo, e vederne i lembi da rassettare, o la tasca da ricucire, o il bottone da aggiungere.
Italia però, è sopratutto chi non vola, chi non cuce, chi non sa e non può vedere tutto ciò, ma dalla sua semplicità, dalla sua terra arida o allagata, dai suoi piedi nudi, dalla sua bontà e tolleranza, spera, e sogna, che ci sia qualcuno, o qualcosa lassù, che continui a vedere, a disegnare, a rammendare questa grande opera d'arte che chiamiamo stivale ma altro non è che Unita Bellezza.

mercoledì 16 marzo 2011

PARABREZZA


E' quasi notte . La strada provinciale corre veloce, troppo veloce, sotto le gomme bagnate.
Non c'è nessuno in giro, ombra alcuna di polizia, o passanti, o frequentatori del buio, o amanti, o puttane, netturbini, spiriti solitari e barbagianni.
Piove leggermente. Che quasi non si sente il rumore. Le gocce sul vetro del parabrezza sono talmente belle che quasi Namazio non accende i tergicristalli. Assorto, pensa a quanto brutta è la parola 'parabrezza', a quanto insostenibile sa il concetto di pararla, una brezza. Brezza è vento leggero, che sfiora, accarezza e introduce; introduce una sera, una stagione, un arrivo, un'attesa sospesa. perchè mai bisognerebbe pararla, una senzazione così ?
Alla rotonda il culo dell'auto danza un poco di lato, un brivido scuote in quell'attimo il petto di Namazio. S'accorge che quasi non si vede più fuori, s'accorge di essersi perso per qualche istante nei labirinti dei suoi pensieri, s'accorge ed apprezza il primo momento di lentezza degli ultimi giorni, vissuti troppo freneticamente, s'accorge di provare un irresistibile desiderio di correre.
Sarà la privamera alle porte, che sprigiona in anticipo il suo ormone. Sarà che a scuotere quel petto ormai serve una paura non prevista. Sarà che nelle mani, nella testa, nelle piccole azioni quotidiane, nei bicchieri, nella libreria, nelle chat, nelle tasche del cappotto, nei sogni, in tutti i possibili contenitori della sua vita Namazio ha accumulato troppe cose durante questo inverno. E tutte assieme pesano. E allora correre, pigiare quel pedale, vedere la lancetta che sale, sentire che il motore si desta, provare un'irresponsabile ebbrezza, alleggerisce quel peso. E porta un'illusione di brezza sul viso. Di brezza che non sbatte contro nessun "para", contro nessun muro, ma rinfresca due gance rosse di fatica, e vino, ed imbarazzo.

venerdì 11 marzo 2011

PERCHE' SCRIVO

Era da parecchi giorni che mi domandavo: perchè scrivo ?
L'incostanza, la pesantezza, la leggerezza, l'incoerenza, la ricerca, i fatti miei, la musica, l'illusione. Tutte cose che a guardar a ritroso nel blog, e anche nei miei appunti passati, saltano subito all'evidenza. E a volte è difficile trovarci un disegno, in tutto questo. Sei lì che spulci tra le tue cose e non ci vedi un disegno, o almeno non uno, magari nessuno, o molti, ma poco chiari.
E allora la domanda ti viene naturale, arriva alla tua mente e invade i pensieri senza che te ne accorgi.
Non riuscivo a formulare una risposta sintetica e chiara. E oggi, leggendo il Corriere, ecco la luce.
C'è sempre qualcuno che riesce, o è riuscito, a DIRE le cose come tu volevi, come tu sentivi.
Grazie Fabrizio.

"Perchè scrivo ? Per paura. Per paura che si perda il ricordo della vita delle persone di cui scrivo. Per paura che si perda il ricordo di me. O anche solo per essere protetto da una storia. Per scivolare in una storia e non esser più riconoscibile, controllabile, ricattabile. "
F. De Andrè


giovedì 10 marzo 2011

TENTO TANTO


"...un altro omaggio a Piero Ciampi. Chi non sà chi è Piero Ciampi, prima si vergogni, e poi si vada a cercare dei cd."

M.D.L.

mercoledì 9 marzo 2011

FLOATING


Furuike ya
Kawazu tobikomu
Mizu no oto


Antico stagno!
La rana vi si tuffa

Il suon dell'acqua


Basho



mercoledì 2 marzo 2011

SIGNOR O SIGNORINA 'LETTERA'


"L'avvenire è dei curiosi di professione"
diceva Truffaut in Jules e Jim.

Quindi, signor o signorina Lettera, nel ringraziarla, oggi metto insieme un pò del mio curiosare dovuto alla vostra attenzione piena di grazia nei miei confronti. Ancora non vedo nitidamente una strada, davanti a me, ma per ora è piacevole perdersi nei mondi sotterranei del mio personale nirvana.


1.Luce


2.Azione


3.Cappelli


4.Buona vita