giovedì 6 maggio 2010

NAMAZIO E UN DIVANO DI CUOIO



Caspita, quando Namazio cercò di scendere nel profondo del pozzo di Clemenzia, il vino stava oramai finendo e la serata sfumava.
I muri del piccolo salotto riflettevano con pacatezza una forte luce biancastra che poche ore prima aveva marcato ombre sul viso di alcuni attori di strada. Un curiosissimo giovane signore, dal maglione vintage grande almeno un paio di taglie in più del necessario, malediceva l'imperfezione del suono che stava turbando il suo ascolto musicale.
"Aimè !" esclamò Namazio "ci sarebbe un lungo, tortuoso e panoramico sentiero che condurebbe al nostro interno. Forse vista l'ora non è il caso di intraprenderlo!"
"Ragioni bene! Ma che peccato, sarei curiosa di scoprire qualcosa di quel buio." bofonchiò Clemenzia.
Nel mentre il suo piccolo stomaco affamato tenne un concerto in Do maggiore, al quale assisteva quel solitario pezzetto di mortadella che quasi affogava nella garganega.
"Senti Clemenzia, avremo magari un tempo migliore, chissà dove e chissà quando, per discutere di pozzi, profondità, luci,ombre e limiti mentali e spirituali. Vorrei però ora solo cercare di costruire una scenografia mentale di quel tempo futuro, e mi permetterò pure di consigliarti una lettura."
"Vai, sono tutta orecchie." (che è un modo di dire, non fraintendetemi)
"Immagina un campo di grano, appena mietuto, dal colore giallo intenso. Immagina un vecchio divano di legno e cuoio, dalle sfumature marroni scure. Poi un piccolo terzetto d'archi, giovani e talentuose ragazzine orientali, che suonano il Trio Op50 di Tchaikovsky. E noi due Clemenzia, che sorseggiando un nero d'avola barricato discutiamo di pozzi. In lontanza, un gruppo inferocito di contadini armati di forche corre nella nostra direzione, ma sembra non avvicinarsi mai (forse sarà l'effetto del vino)"
"Penso sia la scenografia questa, giusto Namazio?"
"Certo."
"Sogni molto Namazio?"
"Certo."
"E il libro, appartiene anch'esso al tuo mondo mentale o esiste davvero?"
"Esiste, esiste; è un libro di Haruki Marukami, s'intitola 'L'uccello che girava le viti del mondo'."
"Lo leggerò."
"Lo leggerai?"
"Lo leggerò, promesso."
Voltate le spalle al piccolo salotto e al curioso signore dal largo maglione, Namazio e Clemenzia si avviarono testa china verso l'uscita, senza aggiungere altre parole, lasciandosi alle spalle una piacevole ma breve chiaccherata. Varcata la soglia, e superato il piccolo portico, presero strade diverse, senza salutarsi, ma con spensieratezza.
I piedi di Namazio finirono maldestramente dentro una pozzanghera, ma lui non parve farci caso, e proseguì diritto e fradicio per la sua via, per il suo altrove.
Clemenzia invece si voltò un paio di volte, come se avesse scordato qualcosa, ma la luce biancastra che usciva da quel salotto urbano non le permise di seguire con lo squardo l'incerta passeggiata di quel buffo ragazzo dalla tiracche rosse.
Poi, qualche ora più tardi, e in chissà quale parte del mondo, un cuculo appisolato sul bracciolo di un vecchio divano di cuoio, emise un lunghissimo 'fiùùùùùùù' che non gli si addiceva per nulla.
n.06.05.2010

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