martedì 27 luglio 2010

POLVERE E VENTO SU NOI, PSM.


Domenica mattina.
Fuori, le nuvole disegnavano nel cielo strane ma intense figure. I bordi erano netti, tanto da stabilire un confine tra l'immenso ed il soffice, tra l'azzurro carico ed un bianco dolcissimo, sporcato qua e là da timidi grigi. Attraversavo veloce con l'auto una campagna deserta, rinfrescata dalla brezza arrivata con l'alba, i cui colori vividi, dai toni gialli e verdi, mi ricordavano una di quelle fotografie ad altissima definizione che si vedono solo in uno schermo o in un piccolo display, e che i nostri occhi faticano ormai ad incontrare nella quotidianità.
Dentro, nell'abitacolo, 'Fake Plastic Trees' dei Radiohead combatteva a tutto volume, contro l'affiorare in me di lontani ricordi, la gara a chi riesce a suscitare l'emozione più intensa .
Nel finestrino abbassato, limite fisico tra due mondi di rara intensità, il vento mi accarezzava con spinta decisa le dita della mano e i pochi peli dell'avambraccio, ricordandomi il suo pregio di pulitore mentale e morale, la sua spinta decisa verso altre direzioni, la sua magia del poter far scomparire o riafforare certi pensieri o certe emozioni.
Si. Penso proprio che sia vento quell'ingrediente magico che permette ad alcuni amici di gioventù andata, di ritrovarsi con semplice sintonia dopo parecchi anni. Vento che ha soffiato sopra una vecchia macchina tutta meccanica e zero tecnologia, costruita a pane e spiaggia, per togliere quelle tre dita di polvere che la coprivano. Vento che ha riempito anche i polmoni di quell'ingranaggio chiamato amicizia e gli ha ridato fiato e quindi parole, memorie, racconti, progetti nuovi e vecchi, confidenze, sospiri, battute, risate. Chiaramente qualche meccanismo era leggermente arruginito e forse rimarrà tale, ma un buon bicchiere di vino s'è fatto olio e ha ridato celermente la fluidità necessaria per tirare avanti un giorno e una notte.
Sabato sera.
Com'è stato piacevole ritrovare l'impulsività e la frenesia dei racconti del Bellotto, affabulatore da sempre, occhi chiari ad ipnotizzare o deviare l'attenzione, diviso tra investigazioni e scarpe; la leggerezza e la simpatia dei boccoli scomparsi di riky, che non si sa come ma quando si mette riesce a tirare fuori un sorriso anche alle pietre, e però non sa trovare il filo di legame tra una innocenti, delle case in legno e una laurea in ingegneria, solo perchè legame non c'è; l'immortalità del ciuffo biondo di Fabio, perennemente bello e forse inventore di storie inesistenti, spiaccicate agli amici per nascondere una terribile fragilità interiore; la dolcezza silenziosa della dottoressa elisona, che si è fatta donna, e ha gli occhi profondi e lontani come l'aria che entra dalle finestre del suo appartamento di periferia, e usa termini complicatissimi per descrivere la più imbarazzante delle parti del corpo umano; la camicia stirata, perfetta, attillata, e profumatissima di Zola, il mio mister, colui che da sempre veglia su tutti noi e sa tutto di noi pur sapendo di non sapere niente, da vero boss, da persona che meticolasamente ogni settimana perfeziona una vita magari monotona ed uguale migliorandone però all'infinito i dettagli, come tirare una punizione all'incrocio, allenamento e precisone; e gli occhi scuri e profondi di sara, che non conosciamo e non ci riconoscono, ma ci hanno ascoltati sornioni ed attenti tutta la notte.
Sabato notte.
Com'è stato piacevole poi addormentarsi in un letto che ormai non mi contiene più, e su cui è impossibile girarsi, e quindi costretto all'immobilità fisica non mi rimaneva che il movimento alla ricerca di ricordi lontani, archiviati in una biblioteca della memoria la cui posizione e la cui chiave la conoscono solo persone e serate come quella di sabato, e viaggi e paesaggi come quelli di domenica mattina.
Oggi.
Oggi scrivo, e ricordo, osservando la polvere che ha riiniziato a posarsi sulla vecchia macchina, ma consapevole che ci sarà sempre da qualche parte un pò di vento pronto a soffiare.

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