lunedì 18 aprile 2011

OCCHI ACQUA E CITTA'

Quasi tutte le città che attraverso, e che mi ammaliano, hanno una storia che inizia dall'acqua e che finisce con occhi che guardano e che mi guardano.
Dublino, Galway, Vicenza, Venezia, Roma, Losanna, Grenoble, Lione. In ognuna di esse, in ogni mio breve viaggio di questo nuovo anno, c'è un fiume, un lago, a volte il mare poco distante.
La città è Uomo, il fiume che l'attraversa è Donna.
Le piazze, le case, le vie sono mani e muscoli forti, i ponti sono braccia o gambe che avvolgono o saltano. Le rive, le passeggiate, le anse, le piccole cascate sono le curve femminili che accarezzano dolcemente le fatiche della pietra.
Non si può che ammirare, e vivere, camminandoci attraverso, più silenziosamente possibile, questo eterno corteggiarsi tra la città e la sua acqua. E servono piedi allenati e movimenti sicuri, altrimenti si alza troppa polvere, e gli amanti rischiano di sporcarsi e tossire, e magari vengono scoperti.
River Liffey, Atlantic ocean, Bacchiglione, Laguna, Tevere, Lac Leman, Isère, Saone, Rodano. Nomi di donna, donne diverse, dagli occhi sempre diversi, con fianchi secchi o abbondanti, seno minuto o generoso, mani sottili o dita goffe, ma donne.
Guardare l'oceano con qualche grado sottozero che tenta di tagliarti le guance, passeggiare al sole sul tevere laddove un isola di pietra biforca per poco il suo tragitto, sedere sulle pietre del bordo rodano e trattenere il fiato nel mentre una fisarmonica attiva la danza di piedi nudi e impolverati.
Tu chiamale se vuoi, emozioni, diceva Lucio. Io forse non le chiamo, ma sicuro le guardo.
E loro ricambiano, con lentezza, superato l'impaccio e la diffidenza iniziale. Mi guardano. A roma hanno occhi di terra, profondi, vissuti e maturi, scuri ma non troppo, e abbracciano; a lione fanno quasi male da quanto sono chiari, e turchini, giovani e incantevoli, pericolosi come le sirene.
C'è il rischio di finirci secchi, a vivere così, a guardare città bellissime, a sedere su pietre talmente lisce che sembran tessuti, a camminare a braccetto con un fiume, a farsi guardare dal mare o da una laguna scura, ad ascoltare lo scroscio di una fontana, ad farsi arrossire le guance da un sole primavarile, continuando a spostarsi di strada in piazza, di parco in scogliera, di regione in nazione, di mare in fiume, di uomo in uomo, di donna in donna, di sguardo in sguardo.
Chissà se reggerà a tanta grazia il mio fragile spirito, chissà se avrà muscoli forti, il mio cuore, e palpebre che sapranno chiudersi, ogni tanto, i miei occhi.

"Ogni tanto, nelle giornate di vento, scendeva fino al lago e passava ore e guardarlo, giacché, disegnato sull'acqua, gli pareva di vedere l'inspiegabile spettacolo, lieve, che era stata la sua vita."
Seta, A. Baricco


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