domenica 5 giugno 2011

INVECCHIARE

A volte non bastano cento capelli bianchi che già porti, ma sarà inaspettamente il centounesimo a renderti consapevole che stai davvero invecchiando.
Tutto ebbe inizio parecchio tempo fa, questo lo sapevo, lo sapevamo. Quando in treno un innocuo ragazzino ti saluta con un 'salve' o una signora sulla quarantina ti si rivolge con un gentile 'mi scusi'. All'inizio fu sorriso, imbarazzo forse. Poi davvero i primi capelli bianchi, dopo troppe notti insonni per terminare la tesi, rafforzati magari da una grossa delusione sentimentale. E quella stretta di mano coronata da un 'avvocato' 'architetto' 'ingegnere' data frettolosamente dal dirigente di un albo professionale. Ancora, la prima dichiarazione dei redditi da libero professionista. E poi lo spritz macchiato Aperol che non ti piace più, e l'inevitabile passaggio al Campari. Ecco, a questi primi 'capelli bianchi' chissà che peso avrai dato, tu. O magari non hai proprio dato peso, ma solo una piacevole attenzione, anzi quasi un piacere da fascino di ormai tangibile maturità.
Così mentre gli anni trascorrevano sempre più veloci, si aggiunge un ricordo d'infanzia, la morte improvvisa di un caro amico, una scelta importante da prendere nella quale sei responsabile solo tu, una promozione a lavoro o magari un'aumento della paga, la seconda casa in affitto che lasci, i primi mobili acquistati con i pochi risparmi, l'idea di un mutuo od un prestito, il padre che ti cede l'attività, la schiena che il mattino dopo la partita a calcetto non ne vuole sapere di schiodarsi da quel suo blocco di comodo. E tu, e io, e noi, sempre a sorvolare, passarci sopra, fermarci mai, e 25, 26, 27, 28, 29. Ecco forse tutti a ventinove un attimo di esistazione ce l'abbiamo. I trenta incutono timore, che poi è una gran cazzata, ma sicuramente aiutano a rallentare quel tanto che basta per pensare un pò, riflettere un pò.
I trentanni sono una curva a gomito. Freni un attimo, quasi ti fermi, e poi via, piedi sull'acceleratore e si riparte.
Verso dove, o con chi, quello, mica a tutti è chiaro. Ognuno accelera a suo modo.
Capita però che durante quella frenata , in curva, che insomma può anche durare dei mesi, o un anno, ti volti a guardare indietro, o un piccione riesce a cacare sul parabrezza della tua auto, o dal finestrino vedi un bambino che ti saluta dal giardino di fronte, o un vecchio impreca urlandoti dietro perchè nella sbadataggine gli hai sfiorato la bici. Accade sempre qualcosa durante quella frenata, e tu che voglia o no, te ne accorgi. Accade qualcosa, e te ne accorgi.
Accade che la tua prima fidanzata partorisca un magnifico bebè, non tuo. Accade che anche tuo fratello minore si laurei e adesso lo vedi seduto su una scrivania vicino la tua quasi tutte le mattine. Accade che ormai quasi nessuno ti da del tu, e ormai tutti ti danno del lei. Accade che il nonno che ti teneva sulle ginocchia e ti faceva i grattini sulla schiena, ora ti guardi silenzioso con quei grandi occhi azzurri mentre lo infili a letto del ricovero e gli rimbocchi le coperte. Accade che ti senti in imbarazzo a farti una pagare cena fuori dai tuoi genitori, e vorresti quantomeno mettere la tua quota. Accade che qualcuno si fidi di te sulla parola e ti affidi gruppi di persone da affabulare ed accompagnare in giro per l'europa. Accade che inizi a pensare a cosà sarà, domani, dopodomani, l'anno prossimo. Cento. Centesimo capello bianco. E il centouno ?
Una bicicletta. Non una qualunque, la bicicletta delle tue vacanze estive. La bicicletta che portava il tuo culo da diciasettenne tutti i santi pomeriggi al Bagno Pagoda, e tutte le sere prima in Sala giochi da Zola, e poi magari a ballare da qualche parte, o al muretto di Terrazza Mare a cercare di attirare l'attenzione di qualche giovane straniera. La bicicletta a cui avevi dato un nome, 'Deca', e che quel nome lo porta ancora con orgoglio.
Il centounesimo capello bianco, quello che ti sega le gambe e t'ingroppa la gola che neanche riesci a cacciare una lacrima, può essere una bicicletta. Una bicicletta che una domenica mattina qualunque ti accompagna quasi a braccetto per quelle vie del tuo passato che tanto non sono cambiate, quelle vie, quelle case e quei pini marittimi che sono sempre li, al loro posto, e tu li osservi, lentamente, silenziosamente, e senti che quello che è cambiato sei tu. Tu.
Tu che osservi con occhi diversi, tu che provi altre emozioni, tu che adesso provi quasi disgusto per certe costruzioni abitudini o dettagli, tu che non eri mai entrato in quel vecchio panificio, tu che quell'asfalto lo conoscevi a memoria e giravi sempre senza mani sul manubrio e ora al primo tentativo quasi cappotti, tu che sei invecchiato, tu che senti e capisci di essere invecchiato.
Poi, d'un colpo, ti passa davanti agli occhi un aereoplano di carta, che fila, eccome fila, e non ne vuole sapere di inziare la discesa. E ti volti stupito, e non vedi bambini o genitori alla rincorsa. Ti rivolti e l'aereoplano è ancora in aria, poco più distante, fiero, bianco, leggero, veloce.
E allora capisci che la curva è finita, ed è giunta l'ora di accelerare.
Oggi ho compiuto trentanni.

4 commenti:

  1. sinceramente...mi hai commosso..grazie e buon compleanno,in ritardo.

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  2. mmm....accelerare in curva e' una delle sensazioni piu' belle, un po' adrenalinica, piena di sfida. Tu / Macchina / Strada / Tu guidi la Macchina e scegli la strada. ...e per fortuna che in curva acceleri, senno' dovresti scalare, forse freneresti, nah!!..decisamente meglio accelerare e crescere Nicola! Non invecchiare. CRESCERE.

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  3. Ma che dico punto
    DUE punti

    senzapretese

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