giovedì 14 giugno 2012

INTERROMPERE

"..chissà che non possa essere uno spunto per il "gioco" lanciato sul tuo blog.
'Cupo e insistente, Lucio si grattava il braccio che non aveva piú, muovendo le dita nel vuoto. Come spiegava sempre, quando lo aveva perso, a nove anni, sul braccio c'era un morso di ragno che lui non aveva finito di grattare. Ecco perché quel morso gli prudeva ancora, sessantanove anni dopo: perché non aveva potuto grattarlo completamente, occuparsene sul serio, chiudere la faccenda. Spiegazione neurologica fornita da sua madre, che alla fine per Lucio era diventata una filosofia generale, buona per qualsiasi situazione e per qualsiasi sentimento. Bisogna finire, oppure non cominciare nemmeno.[...] Quando un evento della vita lo coinvolgeva intensamente, Lucio si grattava il morso interrotto.' 

Un luogo incerto - Fred Vargas"


Lucio bevve d'un sorso il suo digestivo preferito, mirto e fil'e ferru metà metà, come i vecchi contadini di Ogliastra. Poi mise una camicia nuova, talmente bianca che a guardarlo ti si cavavano gli occhi. Scese le scale, due gradini alla volta, come faceva sempre quando doveva raggiungere la sua classe di bambini, giù alla spiaggia. Si voltò un attimo, prima di montare in sella, e notò che su al terrazzo del suo palazzo tutto era in ordine e nulla fuor di posto, i fiori perfetti, a cui la vecchia signora vicina di casa avrebbe saputo badarvi.

Quando Lucio aprì bocca, fù per uno sbadiglio enorme, della grandezza del mare, con cui dette un primo saluto all'imbrunire, e ai suoi figliuoli. Gli stava salendo uno di quei sonni che toglie energia ai muscoli delle gambe, che abbassa la saracinesca della vista, che zittisce corde vocali e riporta in superficie, seppur per un attimo, il ricordo di quel morso interiore.
I bambini attorno erano tanti. Seduti in cerchio, rigorosi ed educati, inneggiavano ad una nuova fiaba. La brezza quella sera si faceva fresca, e veloce accompagnava  pensieri, e il maestrale scendeva da Sferracavallo, e sarebe durato tre giorni almeno. L'immensa macchia mediterranea camaleonteggiava il paese alle spalle della spiaggia, e i suoi verdi assumevano continuamente intensità differenti. Il mare non era più blu, lentamente diveniva per toni di grigio, lentamente preparava alla notte. Le onde cantavano un infinito silenzio.
"Zio, raccontaci di uno dei tuoi viaggi !"
La voce di Valerio ruppe quell'istante, che sarebbe potuto durare giorni, anni. Che sarebbe potuto divenire morso.
"Ma, Valerio, non sono viaggi, sono fiabe, sono sogni."
"Zio, ogni sogno è un viaggio."

Lucio provò d'un tratto una sensazione come quando ti si ferma il cuore davanti lo sguardo di una donna scoosciuta, come quando ti si arrestano i pensieri sul ciglio d'un precipizio. Una grossa lacrima iniziò a scivolargli lungo il viso. Durò il tempo di un vagito e fù subito asciugata. Il maestrale era arrivato.

La saggezza innocente del piccolo Valerio sconcertò l'anima del vecchio Lucio, che a dispetto dell'età sapeva ancora stupirsi delle piccole cose che l'essere umano sapeva donare. Poi, d'improvviso, dal suo zaino estrasse un minuto Baglamas. Suonò una breve melodia greca. Come per magia il vento si fermò, e tacque. I bambini crollarono in un sonno profondo. E Lucio chiuse gli occhi, e s'addormentò, abbandonandosi alla notte.


(liberamente tratto dal racconto 'Vento Verde Maestrale' - agosto 2010)



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