venerdì 29 ottobre 2010

ADDIO SL\3 _ ULTIMO SALUTO.

PARTE PRIMA. DI NOTTE.
L'orologio in basso a destra nello schermo del pc segna le 21:42.
Oggi è il 29 Ottobre 2010. Io mi chiamo Nicola.
Ora mi trovo a Vicenza, in contrà Porta Santa Lucia 124, interno due, piano secondo.
Seduto alla scrivania, costruita da me, della non mia camera mansardata.
In sottofondo, ma a volume adeguato, è partito il Koln Concert di Keith Jarret.
Che strana,a volte, la vita.
Che scherzi, a volte, il destino.
Tutto il giorno che muoio dal desiderio di scrivere un fiume di noiossisime ma sentite parole e frasi sulla mia ultima notte a Santa Lucia, sul mio ultimo giorno da residente vicentino, sui miei sentimenti fortissimi di questi giorni finali.
Tutto il mese che covo riflessioni profonde, nostalgie anticipate, abbozzi mentali di descrizioni ed omaggi dovuti, storie sulla punta della lingua.
E proprio ora, il momento, quel momento, dita sulla tastiera, mente sovracarica, fiume pronto a straripare. Ma nulla, nulla straripa e nemmeno affiora. Solo discorsi e frasi di convenienza.
Mi si è bloccato tutto, un coito interrotto, un'erezione che non arriva, troppi premilinari mentali.
Sono esausto, la stanchezza mi sconfigge anche stasera, a tradimento, mi sega le gambe, mi blocca l'erezione e non permette che io riesca per l'ultima notte a fare l'amore con le parole pensando al mio rifugio di questi ultimi 4 anni. Ho un sonno irresistibile.
Riesco a malapena a durare questi noveminutiequarantaduesecondi, esattamente come la prima parte del concerto di Keith Jarrett a Colonia del 1975, che senza dubbio alcuno ho, avevo, scelto come colonna sonora del mio addio.
Niente, non esce nulla del fiume che ho dentro. Mi corico anzitempo per l'ultima volta sotto questo piumone, e rimando tutto a domattina, sul presto.
Buonanotte SantaLucia, per l'ultima volta buonanotte.
Però, aspetta. Cazzo. Ecco si, qualcosa esce, finalmente. Si. Esce, si sblocca. Strozzata però.
Una lacrima, così corta che si ferma a metà guancia e non mi lascia sentire il sapore e l'ebbrezza del sale. Bastarda. Pure ti pigli gioco di me.
O forse no, non è colpa tua. E' colpa di quel tappo, QUEL tappo.
Provo a sognarci sopra, vediamo se qualche strana creatura della notte riesce a spiegarmi come toglierlo. Altrimenti pazienza, era destino che tutte le cose rimangano per sempre solo mie, solo per me.
Che strana,a volte, la vita.
Che scherzi, a volte, il destino.
A domani, e buon ascolto.





PARTE SECONDA. DI MATTINO, PRESTO.
L'orologio in basso a destra nello schermo del pc segna le 06:53.
Oggi è il 30 Ottobre 2010. Io mi chiamo Nicola.
Ora mi trovo a Vicenza, in contrà Porta Santa Lucia 124, interno due, piano secondo.
Seduto alla scrivania, costruita da me, della non mia camera mansardata.
In sottofondo, ma a volume adeguato, è ripreso il Koln Concert di Keith Jarret.
Mi sono alzato per l'ultima volta dal letto quasi un oretta fà, a piedi pari, cosa che non faccio quasi mai. Ho fatto una doccia bollente, l'ultima, e mi sono lavato con la saponetta, con semplicità. Mi sono vestito con un paio di jeans neri e una felpa color tortora, col cappuccio. Ho scaldato un pentolino d'acqua sul fuoco, l'ultimo fuoco che accendo qui, e mi sono preparato un thè nero, poco zuccherato. Ho spento il riscaldamento, disfatto il letto per l'ultima volta e mi sono seduto a questa scrivania.
Ora fuori dalla finestra alle mie spalle inizia a vedersi la prima luce del mattino, che ho volutamente preso d'anticipo. Mi sento riposato. E decisamente più lucido di ieri sera.
Ho perso la carica emotiva, il furore dell'emozione tachicardica, quasi incontrollabile.
E' la prima volta che riesco a scrivere ad un'ora così di primo mattino, forse l'ennesimo segnale del cambiamento in atto.
Mi piacerebbe raccontarvi delle piccole quotidianità fatte Qui per l'ultima volta, delle consuetudini che forse non ci saranno più tra qualche ora, dei gesti delle abitudini di alcune piccole ma piccole emozioni.
Mi sono coricato ieri sera disteso pancia all'insù, a stella, come un ricordo intenso di oltre due anni fa, il letto cigola senza muoversi, un rumore fastidioso, lo dimentecherò presto. Mi sono svegliato in posizione esattamente diagonale, sull'asse nord-est, testa verso il sorgere del sole.
(ora la luce fuori inizia a farsi rossa, e mi ricorda notti brave, spesso vissute Qui.)
Dopo aver fatto la pipì, ho tirato l'acqua, una volta schiacciando forte il pusante, e poi un colpo più debole, un pugno e una carezza, altrimenti questa cassetta non la smette di caricare acqua, e c'è da giurarci, potrebbe continuare all'infinito senza stancarsi mai. Mah.
Dalla doccia non ho visto mai direttamente un punto luce, ne naturale ne artificiale, ho quasi sempre tenuto le spalle a nord, gli occhi persi nell'azzurro spento delle piastrelle, piedi sul vecchio metallo della vasca bianca, acqua bollente sulla schiena, pelle d'oca, testa che vaga altrove, un ricordo.
Il thè ho iniziato a berlo in piedi, come spesso il caffè di tutte le altre mattine, e poi mi sono seduto sul secondo gradino della scala e ho infilato le ciabatte, oggi, altre volte le scarpe. Un rito.
Anche l'ultimo bicchiere di vino rosso bevuto al Pitanta ieri sera è stato un rito. Cabernet. E Polpetta. In mezzo a tutta quella gente che affolla il plateatico per l'aperitivo del venerdì, molta conosciuta durante questi 4 anni. Una parola, una battuta, un saluto fugace. Ma per l'ultimo sorso ero solo, e ho tenuto il vino in bocca per qualche minuto, finchè i tannini non hanno iniziato a prosciugare ed asciugare tutta la dolcezza della pelle del mio palato, tutta la tenerezza della lingua, lasciandomi solo acido e sapore amaro, ma vero, contadino, vigna, scarpe sporche, sete, vita asciutta, terra, semplice, forte. Come forti, asciutti, amari, piacevoli sono stati questi 4 anni.
(la luce fuori ha ormai perso tutto il rosso, è passata all'azzurro chiaro del mattino, e Keith Jarret qui sotto sta giungendo alla fine del suo concerto, e senti come suona, cazzo. Come suona.)
Anche l'ultimo giro in bicicletta, la mia fiammante blu, per l'ultimo acquisto da residente, ha avuto il suo perchè; direzione libreria, 9 libri acquistati, 9 come il mio prossimo numero civico, una piccola scorta invernale, ma sopratutto l'auspicio che ci siano altre storie che mi seguano o accompagnino per la futura avventura. E poi, come il vecchio alex, a filare giù rapido per Corso Palladio, tra slalom e aria in faccia, occhi bagnati, ma si sà, che è per colpa del vento.
E ancora una cena scarna, volutamente senza gusto, per non togliere o sovrastare altri sapori della serata. E poi c'eran già stati i degni saluti al tavolo, le ultime cene, il bicchiere buono, la vespa che ha salutato la corte, i libri finiti negli scatoloni trasformando la scala in un'autostrada, le lampade rotte, le scritte sui muri, l'ultimo minestrone, il mocio che non scivola sul maledetto gres rossomarron, i saluti dei vicini.
Ecco si, prima che Keith finisca di accarazzare i tasti, vorrei parlare ancora del saluto dei miei vicini. Ora mi commuovo davvero, lo so. Perchè finche si loda e si omaggia un oggetto, un paio di muri, un gesto, un'abitudine, un ricordo, è facile anche tenere il tappo a suo posto. Ma quando si ha a che fare con le persone, con l'uomo, si inizia ad entrare nella sfera del sentimento, del provare reciproco, della carne, della mente, del cuore, della vita.
I miei vicini, quegli storici: Lina, la vecchia, che ha preso l'aperitivo ieri sera da me in pigiama rosa e bigodini appena levati; la Franca, che scendendo di corsa le scale mi ha lasciato la sua ultima torta, grande cuoca, la Franca; Camilla, genio ribelle, entità urlante, quindi sognante, tenera e bella ventenne; Luigi il ferroviere, Luigi il politico, Luigi il dongiovanni, Luigi il tuttofare che salutandomi e abbracciandomi si fa scappare una lacrima, quel cane; Alberto, l'archi-tetto, l'archi-tutto, e suo figlio Nicola, ciuffo biondo e sguardo scontroso; Cinzia, questo sorriso sempre addosso, ma proprio sempre, e questo boccoli d'ora come fosse eternamente giovane; Tiziano, il nostro zio, custode della corte, presente sempre, presente in tutto, e penso che Presente potrebbe essere il suo nome; e negli anni ad intervalli strani anche Daniele e la Patty, Elisa, I veneziani, Ruggero; e poi DonManu, il 'bocia' che ormai bocia non è più, cazzo se ti ho visto crescere Manu, tu e la tua vita costruita dentro quel garage, rubandomi la linea internet, aggiustando centinaia di oggetti tecnologici, e girando chissà quante volte quella chiave in quella serratura.
Cin. Cin cin ! Saluti, baci e abbracci, arrivederci, molti, e qualche in bocca al lupo.
Poi via tutti, ognuno per la sua strada, ognuno con la sua vita addosso e con uno sguardo da cercare e da trovare.
Drin. Drin drin. No, non è finita, ancora qualcuno ieri voleva salire a salutarmi per l'ultima volta. DonManu. Entra, aveva scordato la felpa. No, voleva una foto con me. Lo capite ? Una fotografia. Manu voleva una foto, un ricordo, per non dimenticare. Per non dimentarmi.
"Mi mancherai Nicola." Fran. Da rimanerci secchi se un 'bocia' diciassettenne figlio del web del pc e die videogiochi ti spara addosso una frase così.
"Mi mancherai anche tu, Don Manu. Ma io non scappo, traslo di soli dodici chilometri. Tornerò presto a trovarvi."
"Promesso ?" Altro fran. La certezza voleva Manu, la certezza di non perdere le persone per sempre.
"Promesso."
Mi mancherete tutti, tutti voi. Più di tutti e di tutto.
Mi mancherà la mia casa, certo, i miei muri.
Mi mancheranno le abitudini e i piccoli gesti quotidiani, anche tutti quelli che non vi ho raccontato.
Mi mancheranno certe sensazioni e certi sensi, odori, suoni profumi.
Mi mancheranno le storie, perchè Santa Lucia non è un luogo ma una storia.
Però ora è giunto il momento di andare, e quindi da ora Santa Lucia non è più Una storia, ma diventa Storia.
Lacrima. Sorriso. Lacrima. Sapore di Sale. Singhiozzo. Sorriso.
Ciao, Santa Lucia.

3 commenti:

  1. adoro il tuo parlar di lei,
    mi hai commosso.
    attendo un'altra storia.

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  2. sei l'unica persona che riesce ancora a regalarmi emozioni...
    sei spettacolare davvero..

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  3. Vi ringrazio, miss e mister 'anonimo'..
    scrivo quello che sento, vedo o sogno.
    e mi da forza sapervi li, nascosti, pochi, emozionabili..
    un abbraccio.

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